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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita VIII, 5
 
originale
 
[5] Vbi est Romam uentum, in Capitolio eis senatus datus est. ibi cum T. Manlius consul egisset cum eis ex auctoritate patrum ne Samnitibus foederatis bellum inferrent, Annius, tamquam uictor armis Capitolium cepisset, non legatus iure gentium tutus loqueretur, 'tempus erat' inquit, 'T. Manli uosque patres conscripti, tandem iam uos nobiscum nihil pro imperio agere, cum florentissimum deum benignitate [nunc] Latium armis uirisque, Samnitibus bello uictis, Sidicinis Campanisque sociis, nunc etiam Volscis adiunctis, uideretis; colonias quoque uestras Latinum Romano praetulisse imperium. sed quoniam uos regno impotenti finem ut imponatis non inducitis in animum, nos, quamquam armis possumus adserere Latium in libertatem, consanguinitati tamen hoc dabimus ut condiciones pacis feramus aequas utrisque, quoniam uires quoque aequari dis immortalibus placuit. consulem alterum Roma, alterum ex Latio creari oportet, senatus partem aequam ex utraque gente esse, unum populum, unam rem publicam fieri; et ut imperii eadem sedes sit idemque omnibus nomen, quoniam ab altera utra parte concedi necesse est, quod utrisque bene uertat, sit haec sane patria potior et Romani omnes uocemur'. forte ita accidit, ut parem ferociae huius et Romani consulem T. Manlium haberent, qui adeo non tenuit iram ut, si tanta dementia patres conscriptos cepisset ut ab Setino homine leges acciperent, gladio cinctum in senatum uenturum se esse palam diceret et quemcumque in curia Latinum uidisset sua manu interempturum. et conuersus ad simulacrum Iouis, 'audi, Iuppiter, haec scelera' inquit; 'audite, Ius Fasque. peregrinos consules et peregrinum senatum in tuo, Iuppiter, augurato templo captus atque ipse oppressus uisurus es? haecine foedera Tullus, Romanus rex, cum Albanis, patribus uestris, Latini, haec L. Tarquinius uobiscum postea fecit? non uenit in mentem pugna apud Regillum lacum? adeo et cladium ueterum uestrarum et beneficiorum nostrorum erga uos obliti estis?'
 
traduzione
 
5 Quando i due magistrati arrivarono a Roma, il senato diede loro udienza sul Campidoglio. L?, siccome il console Tito Manlio intim? loro, su iniziativa del senato, di non portare guerra ai Sanniti che erano legati ai Romani da un trattato di alleanza, Annio parl? non come un ambasciatore protetto dal diritto delle genti, ma come un generale che avesse appena conquistato il Campidoglio con il suo esercito. ?Tito Manlio?, disse ?e voi, senatori: sarebbe ora, una buona volta, che la smetteste di trattare con noi da padroni, rendendovi conto che il Lazio, con il favore degli d?i, ? pi? che mai ricco di uomini e di armi dopo aver vinto in guerra i Sanniti e aver ottenuto l'alleanza di Sidicini e Campani, e adesso anche dei Volsci; e rendendovi conto che addirittura le vostre colonie hanno preferito sottomettersi ai Latini piuttosto che a voi Romani. Ma poich? non vi rassegnate a porre fine al vostro dispotismo, noi - pur essendo in grado di rivendicare la libert? del Lazio con la forza delle armi - siamo disposti, in nome del rapporto di consanguineit?, a offrire condizioni di pace che soddisfino entrambe le parti, in considerazione del fatto che gli d?i hanno voluto un equilibrio di forze tra noi. Ecco le condizioni: i consoli devono essere eletti uno dai Romani, l'altro dai Latini; i membri del senato nominati secondo un'equa proporzione tra le due genti, in modo che ci siano un unico popolo e un unico stato. E perch? la sede e il nome dell'impero siano comuni a tutti, essendo in proposito inevitabile che una delle due parti ceda nell'auspicabile interesse di entrambi i popoli, ebbene: la capitale sia la nostra citt? e il nome di tutti sia quello di Romani!?. Il caso volle che anche i Romani avessero, nel console Tito Manlio, un uomo che poteva tener testa ad Annio quanto a bellicosit?. Manlio controll? cos? poco il proprio risentimento da dichiarare che, se i senatori fossero stati cos? irragionevoli da lasciarsi dettare legge da un uomo di Sezia, si sarebbe presentato in senato con la spada al fianco e avrebbe ucciso con le sue mani qualunque latino gli si fosse parato innanzi. Voltatosi poi verso la statua di Giove, disse: ?Ascolta, Giove, queste parole scellerate! Ascoltate, leggi umane e divine! Tu stesso, Giove, prigioniero e oppresso, dovrai vedere consoli e senatori stranieri nel tuo sacro santuario? Sono questi, o Latini, i patti che il re romano Tullo ha stretto con i vostri antenati albani, questi i patti che Lucio Tarquinio ha poi stipulato con voi? Non ricordate la battaglia del lago Regillo? A tal punto avete dimenticato i disastri patiti in passato e i benefici che vi abbiamo fatto??.
 

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